Lo stile Calabrese: futurtratti
Guardi un ritratto di Claudio Calabrese e pensi: ha colto l’attimo. I suoi ritratti ricordano quello di Dorian Gray, sinistramente affascinanti. L’accezione ovviamente è positiva, il sinistro aumenta il fascino del processo e lo mette a nudo. Il tratto di Calabrese fotografa lo stato d’animo, coglie quell’intimo sguardo dell’animo. Espressionismo puro? Secondo me no. L’espressionismo non è presente a parer mio nel pennello di Calabrese, io ci vedo un futurismo espressionistico (concedetemi l’ossimoro, non mastico l’arte) applicato al mondo moderno. Il futurismo è movimento, si è concluso di fatto con il passaggio nella società tecnologica, slegata dalla modernità “meccanica” esaltata da Marinetti e compagnia. Con il termine espressionismo invece si usa definire la propensione di un artista a privilegiare, esasperandolo, il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente, Calabrese lo fa applicando logiche moderne. I visi che ritrae Claudio sono un punto di luce nell’universo oscuro, caldo nel freddo, spesso rosso nel nero. Il suo marchio di fabbrica è appunto l’espressione del momento che funge da veicolo per caratterizzare il carattere del soggetto rappresentato. Questo movimento lo si percepisce, è il contrasto di colori che risalta un movimento intrinseco appunto e quindi distante dal classico movimento futurista su tela. Siamo davanti ad un avanguardista che etichettare in una corrente (la manualista e l’arte sono assolutamente incompatibili) sarebbe riduttivo. Artisti come Calabrese fanno reparto da soli, per utilizzare un paragone calcistico. Claudio non può e non deve essere posto nello standard di una corrente (sarebbe perfino anacronistico nel mondo d’oggi). I suoi dipinti rendono tantissimo sullo schermo del computer e sono adattissimi ad internet, i colori si sposano perfettamente per l’ammirazione digitale e colpiscono l ‘osservatore che si chiede scrutando:” Che starà pensando? “, questa semplice domanda innesca una serie d’emozioni e riflessioni che danno modo all’osservatore d’interagire con il ritratto. Questo è il movimento di cui accennavo prima, l’artista veicola il proprio io tramite l’io del soggetto che a sua volta “comunica” a terzi. Questo ciclo d’osservazione è fondamentale per comprendere in pieno le opere di Claudio, l’unione dei tre “io” che permette l’“oltreritratto” ovvero il raggiungimento di un iperuranio ove si scovano i pensieri del pittore. Questi “futurtratti” (perdonate anche questo neologismo) arricchiscono l’osservatore, che diviene contemplatore. Calabrese quindi crea più di un movimento, ma un vero e proprio viaggio nella mente dell’artista, un treno ipersonico che squarcia la banalità. Vi auguro buon viaggio quindi!
In foto: Riccardo Scamarcio di Claudio Calabrese