Schliemann era un eroe greco di fatto, apparentemente matto, portò alla scoperta di Troia dinanzi ad un mondo accademico sclerotico qualcosa d’impossibile. Lo chiameremo per comodità di lettura Enrico, questo simpatico tedesco dalla passione per i miti. Del resto solo lui, e lui solo, avrebbe potuto aver come dio Zeus, chiamar suo figlio Agamennone, Andromaca sua figlia, Pèlope e Telamone i suoi servitori. Qualcuno conoscendolo disse: “è matto!”. Si ma tedesco, cioè organizzatissimo nel pianificare la propria (apparente) follia: trovar Troia, la mitica città dell’Iliade. Il padre, burbero mercante teutonico, lasciava il pargolo fantasticare con le storie d’Ulisse, Achille e Menelao. Ad otto anni infatti, Enrico, davanti alla propria famiglia dichiarò: “voglio scoprire Troia e dimostrare agli archeologi che si sbagliano”. Ci risero su, nonostante il ragazzo dedicasse a soli 13 anni un saggio in latino sull’avventura. A 16 anni però, sembrò a tutti l’infatuazione si concludesse. Enrico fu garzone in una drogheria, finendo poco dopo imbarcato non per la Grecia ma per l’America. Naufragò in Olanda, il piroscafo infatti colò a picco. Vi rimase per riconoscenza e ci fece fortuna. Divenne ricco ma in gran segreto continuò a leggere Omero. Aveva viaggiato molto per lavoro, tanto da parlare oltre al tedesco ed il latino, l’olandese, il francese, l’inglese, l’italiano, il russo, lo spagnolo, il portoghese, lo svedese, il polacco e l’arabo. Il suo celebre Diario infatti fu scritto in tante lingue diverse, ogni luogo visitato infatti veniva descritto nella lingua autoctona. Ma fu il greco antico a non abbandonarlo mai. Chiuse la bottega ed annunciò alla moglie russa che intendeva trasferirsi a Troia, città inesistente. La moglie sorrise e tornò a Mosca. Ai tempi si risolse cosi: Enrico si sposò tramite annuncio sul giornale una donna greca. La pover donna sudò le proverbiali sette camicie per far battezzare i figli (Enrico infilò dei versetti omerici durante la cerimonia) Andromaca ed Agamennone. Nel 1870 l’estate fu caldissima. Enrico e famiglia si trasferirono in Asia Minore, ove Omero affermava si trovasse Troia. Dopo un anno di burocrazia per i permessi di scavo, lo stato turco diede il via libera. Enrico iniziò a scavare in un fianco della collina Hissarlik. 12 mesi di nulla se non le minacce di divorzio della povera moglie, oberata dai sogni del marito. Un giorno però salto fuori una cassa di rame, colma d’oggetti d’oro e d’argento. Da buon fanatico, Enrico urlò “il tesoro di Priamo!”. Vestita la moglie con gli ornamenti che (secondo lui) furono d’Elena telegrafò ai più famosi archeologi mondiali. Risero e lo accusarono d’imbroglio: i monili ce li aveva messi lui, dissero. Solo i turchi gli credettero, ma solo per processarlo per indebita appropriazione. Tuttavia qualche luminare si recò in loco e dovette ammettere la scoperta, a denti stretti. Fu grande la sorpresa. Quel pazzo tedesco, autodidatta, un po’ mercante, un po’ Indiana Jones (suo erede al cinema) fece star in silenzio lo scettico e pantofolaio mondo accademico. Il tesoro fu mandato a Berlino, dopo aver pagato i danni ai turchi, che alla chincaglieria antepose i quattrini. Ma vittoria chiama vittoria. Enrico allora, pazzo ma non troppo, si recò a Micene e con in mano il Periegesis di Pausania trovò perfino i discendenti di quell’Agamennone che per tutti erano solamente esistiti nella testa di Omero. Ormai preda del proprio entusiasmo, volle chiudere in bellezza: a Tirinto saltarono fuori le ciclopiche mura del palazzo di Proteo, di Perseo ed Andròmeda. Un 3-0 degno di una finale di coppa giocata alla perfezione. Schliemann passò a miglior vita nel 1890, ma ci ha lasciati la realtà storica di Menelao, Elena, Ulisse, Ettore e tutti gli altri. Personaggi su cui Omero “fece la cresta” ma che grazie a questo geniale tedesco hanno arricchito la storia, tornando dal buoi di un limbo che non meritavano. Oltre alla necessità di credere in noi stessi anche quando tutto ci è avverso, è bello immaginare in questo momento Schliemann che se la ride chiacchierando con Zeus ed Omero, personaggi grazie ai quali fu uomo di vero successo…