“Ho fondato un Comitato di scopo per chiedere subito l’applicazione di un protocollo uniforme per il trattamento domiciliare, in fase precoce, dei malati affetti da coronavirus, nonché per chiedere di implementare le USCA, in numero non adeguato in molti territori”. A parlare è l’avvocato cassazionista del Foro di Napoli, Erich Grimaldi, impegnato in una delicata battaglia legale contro Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) e Governo per la reintroduzione della sperimentazione dell’idrossiclorochina, in modalità off label, nel trattamento domiciliare del Covid in fase precoce. Unitamente alla collega Valentina Piraino, il legale ha presentato ricorso al TAR del Lazio, proprio per reclamare il ripristino della terapia. Nelle scorse settimane è infatti esploso il dibattito sull’antimalarico, utilizzato anche nella terapia dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico e commercializzato con il nome “Plaquenil”, ma resosi efficace contro il Covid nella prima fase, secondo quanto dichiarano alcuni medici che lo stanno somministrando. A quasi dieci mesi dall’inizio della pandemia, gli scienziati sono ancora una volta profondamente divisi: per alcuni l’idrossiclorochina può essere impiegata con successo nella lotta al Covid, per altri sarebbe inutile, se non addirittura dannosa. La questione è aperta, tanto più che sta sollevando aspre polemiche, appunto tra gli stessi specialisti. In un primo momento il farmaco era stato inserito nei protocolli ufficiali. Successivamente l’Aifa ha deciso di vietarlo, adducendo studi che ne comproverebbero non solo l’inefficacia, ma addirittura la tossicità. A tal proposito l’avvocato però sostiene categoricamente: “Dove sono gli studi randomizzati sul trattamento del Covid in fase precoce a base di idrossiclorochina? Non esistono. Aifa e Ministero della Salute si sono basati esclusivamente sugli studi randomizzati su pazienti ospedalizzati”. Per il legale la differenza è sostanziale: “I medici che trattano i pazienti Covid con il Plaquenil, rilevandone l’efficacia sul campo, sostengono sia fondamentale la sua somministrazione all’insorgere dei primi sintomi della malattia. Invece chi arriva in ospedale versa già in condizioni serie, cosicché il farmaco dato a questa tipologia di pazienti risulta inevitabilmente inefficace. È inconcepibile che gli studi randomizzati, su pazienti ospedalizzati, godano di una considerazione maggiore rispetto a quelli della real world evidence. Forse perché quegli studi randomizzati, sul trattamento a base di idrossiclorochina in fase precoce, oltre a richiedere molto tempo, hanno costi elevati, a differenza dello stesso farmaco, che invece si vende a pochi euro? Non si comprende, infine, per quale motivo il 22 luglio scorso l’Aifa avesse vietato la prescrizione dell’idrossiclorochina per il trattamento da coronavirus, salvo poi smentirlo, nelle memorie difensive dinnanzi al tribunale amministrativo, per lasciare infine al medico la libertà di scelta della cura, previo ottenimento del consenso informato dal paziente”. Il TAR ha tuttavia rigettato il ricorso in prima istanza, “perché è stata considerata l’azione del farmaco solamente sui pazienti ospedalizzati e in condizioni serie”, puntualizza il legale. I due avvocati non si sono però arresi e hanno presentato una seconda istanza cautelare. L’udienza ha avuto luogo lo scorso 10 novembre: “Siamo in attesa della pronuncia del TAR. Purtroppo, a causa dell’emergenza, non ci è stato possibile presenziare. Abbiamo comunque fondato le nostre ragioni sul sostegno di una cinquantina di medici italiani”, afferma l’avvocato Grimaldi. La “crociata” del professionista campano non si è limitata alla richiesta di reintroduzione dell’idrossiclorochina nei protocolli Aifa. “A marzo, il mio intuito di avvocato mi aveva suggerito di creare un gruppo Facebook, denominato “esercito bianco”, finalizzato all’obiettivo di porre in contatto tra loro gli specialisti delle varie Regioni. Avevo, infatti, notato la mancanza di uniformità dei trattamenti sanitari del Covid-19 e l’assenza di un coordinamento tra Governo e Regioni. Poco dopo, quindi, ho fondato un secondo gruppo, denominato “#terapiadomiciliarecovid19 in ogni Regione” che conta quasi 30 mila iscritti”. Tra i membri ci sono comuni cittadini, numerosissimi malati, ex malati e, soprattutto, moltissimi medici. “Il fine del gruppo non è quello di dispensare terapie mediche che, preciso, a caratteri cubitali, devono essere prescritte, ad personam, soltanto dal medico, ma dare la possibilità agli specialisti di confrontarsi sulle cure e ai malati di ricevere indicazioni utili. In un certo senso, abbiamo svolto il lavoro che spettava a Governo e Regioni: non è possibile che, ad oggi, il medico “X” curi in un modo, mentre quello “Y” in un altro. Allo stesso tempo, è assurdo che molti malati vengano abbandonati a casa, privi di adeguata assistenza e con la prescrizione del solo paracetamolo, confidando in una loro guarigione spontanea o, quel che è peggio, nell’attesa di un aggravamento che li induca al ricovero d’urgenza in ospedale. Grazie all’organizzazione operativa del gruppo abbiamo contribuito a salvare centinaia di persone, ma il fatto che i malati cerchino un conforto sul web, a causa dell’inadeguatezza della medicina territoriale, è gravissimo. Il 30 aprile scorso avevo invitato formalmente il Governo a stilare un protocollo univoco nazionale per la terapia domiciliare Covid, senza però ottenere alcuna risposta”. Denuncia il legale: “Dove sono finite le USCA, assenti in numerose Regioni? Com’è possibile che, spesso, non disponendo delle protezioni necessarie, il medico di famiglia sia perciò costretto a fare diagnosi e prescrizioni telefoniche? Siamo alla telemedicina!”. L’avvocato Grimaldi è stato colui che ha messo in collegamento i professori Cavanna e Garavelli, i due pionieri delle cure precoci con l’idrossiclorochina. “La questione ha assunto rilevanza internazionale. In molti Paesi (Cina e Germania compresi, ndr) il medicinale è stato inserito nei protocolli ufficiali, unitamente agli altri farmaci. Da noi invece è stato escluso. Eppure, qualcuno dovrà spiegarci perché il Piemonte Orientale avesse fatto scorta di idrossiclorochina per curare i malati, durante il mese di febbraio, mentre altri morivano a pochi chilometri di distanza in Lombardia. Qualcuno dovrà chiarire perché, addirittura nei mesi di gennaio e febbraio, nelle farmacie di Prato (dove è presente la maggiore comunità cinese d’Italia, ndr) si fosse registrato un acquisto anomalo di Plaquenil, all’insaputa di tutti?” L’avvocato partenopeo non ha dubbi: “Negli ultimi mesi mi sono confrontato con scienziati di fama internazionale, quali il prof. Harvey Risch (epidemiologo dell’Università di Yale, ndr) giungendo alla conclusione che la preclusione nei confronti dell’idrossiclorochina sia di natura politica. È scoppiato un caso politico, quando la realtà sanitaria richiede interventi immediati. I medici del gruppo lamentano la circostanza che la maggioranza dei malati Covid venga trattata solo dopo aver ricevuto l’esito del tampone, esito che in molti casi giunge dopo diversi giorni, ovvero quando ormai è troppo tardi”.