L’Unione per le Cure, i Diritti e le Libertà (associazione fondata e presieduta dall’avvocato Erich Grimaldi) ha presentato una diffida alla regolare prestazione di servizi e attività, senza discriminazione di sorta avverso persone non vaccinate, indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Ministeri della Salute, dell’Economia e delle Finanze, per i beni e le attività culturali e per il turismo, dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché alle Regioni, alle Province Autonome, alla Confcommercio, alla Federalberghi e alla Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). Vi si legge: “Il Governo italiano, in relazione a quanto dispone il Regolamento UE 953/2021, circa l’uso del certificato Covid digitale UE, ha emanato il D.L. 23.07.2021 n.105 dal titolo “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”. All’art. 3 del suddetto D.L. si dispone che, dal 6 agosto 2021, sul territorio nazionale, anche in zona bianca, sia consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verde Covid 19, Green Pass, l’accesso a talune attività o servizi. Il suddetto Decreto Legge nella parte in cui limita diritti e libertà a determinate categorie di persone è contrario ai principi generali di democrazia dello Stato italiano nonché a trattati di diritto internazionale a Tutela delle Libertà e dei diritti Fondamentali dell’uomo oltre che a norme comunitarie, e pertanto pone in essere le seguenti violazioni…”. L’elenco è corposo. Vengono citati i principi e le disposizioni normative imperative, inderogabili e determinanti la struttura democratica dello Stato italiano (con riferimento alla Legge 20 giugno 1952 n.645, XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione). “Propugnando in fatto la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia stessa, attraverso l’istaurazione di un regime di propaganda razzista o discriminatoria, verso una determinata parte della società, costringendo da gennaio u.s. in un crescendo di intimidazioni di ogni genere a compiere certune attività, quale quella di vaccinarsi, il cui non fare è assolutamente lecito, libero e garantito dalla legge stessa vigente. Legge che, sia a livello nazionale che a livello comunitario, ha determinato la non obbligatorietà del vaccino”. Il D.L. opera “in totale dispregio in particolare dell’ultimo capoverso dell’articolo 32 della Costituzione, che rappresenta un aspetto inderogabile e assoluto”: il comma 2 specifica che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, limite assoluto che non conosce deroghe”. L’UCDL rileva inoltre che la “facoltatività” vaccinale è giuridicamente garantita, in ragione della sperimentalità stessa del vaccino. I vaccini anti-Covid hanno infatti ottenuto un’autorizzazione condizionata, “che non fornisce le stesse certezze dell’autorizzazione standard”: per essere commercializzato, “stante i profili di rischio inevitabili”, un vaccino “richiede dai 10 ai 15 anni”. Prosegue l’UCDL: “Tanto è vero ciò che ad oggi non è possibile rendere alcuna informativa e\o conoscenza circa eventuali effetti negativi del siero sul medio e/o lungo termine”. Sottolinea l’associazione: “La procedura speciale di sperimentazione e rilascio del farmaco in autorizzazione condizionata è dettata da uno stato di emergenza, tanto più tale, se poggiante sull’affermata circostanza di indisponibilità di terapie alternative o equivalenti. Determinazione questa, tuttavia, quantomeno discutibile negli ultimi 14 mesi, in ragione dell’esistenza invece di varie, valide ed efficaci cure e terapie, quale per esempio la stessa terapia domiciliare territoriale precoce. Tanto ciò è vero che l’8 aprile u.s., lo stesso Senato della Repubblica, prendendo atto anche del provvedimento di accoglimento del Tar Lazio, quasi all’unanimità, approvava un ordine del giorno in cui impegnava il Governo a revisionare i protocolli di cura domiciliare, con la partecipazione dei medici che in questi mesi di pandemia hanno agito sul territorio, rimuovendo così il protocollo vigente “Tachipirina e vigile attesa” con un nuovo protocollo, volto alla determinazione e individuazione di cure e terapie già utilizzate e conosciute dai medici del territorio che le hanno con successo impiegate sul campo. La risposta del Ministero della Salute è stata quella di non dare nessun seguito alle pur vincolanti indicazioni del Senato, ma promuovendo ricorso al Consiglio di Stato, contro il provvedimento del Tar Lazio, disattendendo senza alcuna spiegazione la volontà dell’organo deliberante. Senonché il Consiglio di Stato nelle more di esprimersi sulla questione di merito ha momentaneamente sospeso il deciso del Tar Lazio, ridando nuovamente vigore ed efficacia al protocollo tachipirina e vigile attesa”. Nella diffida l’UCDL fa riferimento alla Carta di Nizza, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea 2000/C 364/01, relativo all’importanza del “consenso libero e informato della persona interessata”. L’associazione cita il disposto del Consiglio d’Europa che, “con la Risoluzione n. 2631 del 27 gennaio 2021 specifica la non obbligatorietà vaccinale, determinando: “L’assemblea invita gli Stati membri e l’Unione Europea ad assicurare: -che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno può essere sottoposto ad una pressione politica, sociale o di altro genere affinché si vaccini se non desidera di farlo; – che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato a causa di possibili pericoli per la salute o perché non vuole farsi vaccinare”. Nella diffida viene menzionato il Regolamento UE 953/2021: per l’UCDL è fondamentale attenersi al principio di necessarietà, precauzione e proporzionalità, poiché è “empiricamente noto che i vaccinati, come i non vaccinati, possono infettarsi, contagiare e contagiarsi”. I riferimenti alla normativa comunitaria sono sempre presenti: “Il Regolamento comunitario è fonte primaria nel sistema di gerarchia delle fonti ed è, subito dopo la Costituzione, l’unica norma da applicarsi, in questo contesto”.
Foto, l’avvocato Erich Grimaldi fonte UCDL