Bolzano. Economia, il traino lo fanno le piccole imprese

 “Il manifatturiero traina a ripresa Ma sono le piccole imprese a trainare il manifatturiero” è la sintesi del presidente della CNA regionale Claudio Corrarati.
“Anche nella nostra regione la produzione deve tornare ad avere un ruolo primario nello sviluppo economico del territorio e delle politiche delle Province.” Il sistema manifatturiero italiano sta spronando la ripresa. A sottolinearlo il professor Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison, disaggregando i dati Istat sull’andamento del prodotto interno lordo. Uno sprone alla ripresa dopo che il sistema manifatturiero ha retto bene perfino alla crisi innescata dalla pandemia, confermandosi per il nostro Paese un patrimonio prezioso, da tutelare, che in Trentino Alto Adige vale 60.000 posti e il 20% del Pil tra industria e artigianato manifatturiero. Un patrimonio formato nella stragrande maggioranza da imprese artigiane, micro e piccole. “Ragion per cui diventa inderogabile tarare le future misure di politica industriale, spesso invece pensate “a taglia unica” su misura delle grandi – così Claudio Corrarati che aggiunge: “Anche nella nostra regione il manifatturiero deve tornare ad avere un ruolo primario nello sviluppo economico del territorio e delle politiche delle due Province Autonome”. Piccolo traino, grandi prestazioni A testimoniare il ruolo delle piccole imprese nel sistema produttivo italiano è una indagine del Centro studi CNA, dalla quale scaturisce che, sulla base dei più recenti dati economici omogenei a disposizione, l’Italia rimane la seconda economia manifatturiera d’Europa, dopo la Germania. La presenza di piccole e piccolissime imprese è preponderante in tutti gli ambiti produttivi del comparto: dai campi più tradizionali, a spiccata vocazione artigiana, a quelli caratterizzati dai processi produttivi maggiormente complessi. Prova inoppugnabile di quanto siano ingiuste e ingiustificate le critiche alle piccole imprese che il pregiudizio ideologico fa accusare di tutti i ritardi del sistema produttivo nazionale e della sua (presunta) scarsa competitività sui mercati internazionali. Identikit a prova di Ue In Italia, su quasi 380mila imprese attive nei comparti manifatturieri il 92,3% sono micro (82% del totale) o piccole (10,3% del totale), organizzate giuridicamente come imprese artigiane nel 63,8% dei casi. Tra le grandi economie dei 27 Paesi membri dell’Unione europea, l’Italia presenta la struttura produttiva più estesa e diffusa. Solo limitatamente al segmento delle grandi imprese (oltre 250 addetti) il nostro Paese ne conta un numero più basso o uguale rispetto alla Germania e alla Francia. Dal punto di vista occupazionale, invece, le grandi imprese assorbono il 60,5% degli addetti in Germania, il 60% circa in Francia e il 27,2% nel nostro Paese. Un invidiabile secondo posto

Il secondo posto europeo dell’Italia per fatturato manifatturiero dimostra come un sistema produttivo frammentato, quale l’italiano, non rappresenti necessariamente un ostacolo per competere con successo a livello internazionale. Nel 2018 il valore aggiunto italiano, pari a 246,9 miliardi, ha superato quello francese, di poco superiore ai 241 miliardi. Per merito, soprattutto, delle piccole imprese. Il valore aggiunto creato dalle imprese italiane fino a 50 addetti ha più che doppiato quello realizzato in Francia dalle imprese con la stessa dimensione occupazionale. Dal confronto con la Germania sulla specializzazione produttiva, calcolata dal rapporto tra indici di produttività per addetto, l’Italia esce penalizzata di quasi 20 punti percentuali. Garantiscono migliori prestazioni, però, proprio alcuni settori tradizionali del made in Italy (alimentari, bevande, tessile, moda) nei quali è maggiore la presenza di imprese minori per dimensione. Le piccole imprese della manifattura contribuiscono all’export complessivo del settore per una quota pari al 15,8% del totale, superando i 20 punti percentuali nelle produzioni in legno che non includono i mobili (43,4%), nelle altre industrie manifatturiere (27,6%), nel tessile (31,1%), nella fabbricazione di mobili (29,4%), nell’abbigliamento (27,3%) e negli alimentari (22,5%); I settori nei quali è maggiormente radicata la presenza delle piccole e medie imprese sono quelli che contribuiscono quasi per intero alla formazione dell’avanzo commerciale dell’intera manifattura.

In foto: Claudio Corrarati