Salute. Il cittadino ha diritto sì o no di sapere cosa mangia al ristorante?

La settimana scorsa, la quarta commissione legislativa del Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità (SVP e Verdi) una proposta di legge sull’obbligo di indicare sui menù gastronomici la provenienza di carne, latte e uova utilizzate nelle preparazioni in ambito gastronomico.
Va detto che da sempre i Verdi lottano per più trasparenza sulla provenienza dei prodotti alimentari nella ristorazione. Sui menù deve esserci scritto da dove arrivano soprattutto carne e prodotti caseari. In questi ultimi anni il Gruppo Verde in Consiglio provinciale ha presentato diverse mozioni e disegni di legge con esiti diversi. L’approvazione definitiva spetta ora al Consiglio provinciale e dopo il consenso trasversale in commissione legislativa sembra proprio che non dovrebbero più presentarsi ostacoli politici.
È questo il risultato di un lungo lavoro che traduce in obbligo di legge l’esigenza di gran parte della società civile – senza dubbio di quella consapevole – di conoscere la provenienza dei cibi che ci vengono serviti nei locali pubblici ed inoltre che traduce in concretezza la valorizzazione dei prodotti locali.
Cominciano però ad arrivare pali tra le ruote a questa iniziativa legislativa perché è di oggi la presa di posizione del presidente dell’Unione commercio turismo servizi Alto Adige Philipp Moser, secondo il quale la traduzione di questa esigenza in termini legislativi sarebbe la strada sbagliata mentre quella giusta è la sensibilizzazione delle aziende. Su questa base, l’etichettatura relativa alla provenienza degli alimenti dovrebbe avvenire a titolo volontario –afferma infatti Moser.
Gli si affiancano le posizioni del portavoce della gastronomia nell’Unione Robert “Bobo” Widmann e di Paul Wojnar rappresentante del gruppo Unione food (i produttori di generi alimentari panificatori, pasticceri, gelatieri e macellai). La loro argomentazione consiste nel fatto i menù diventerebbero sempre più ingombranti, in particolare quelli trilingui.
Prima che la legge arrivi in Consiglio il prossimo marzo, l’Unione annuncia una serie di interventi e proposte correttive ribadendo che la via maestra resta quella della sensibilizzazione dei ristoratori.
Se questa è la via maestra, vuol dire che non cambierà assolutamente nulla – controbatte ironicamente Brigitte Foppa, firmataria della proposta di legge della quarta commissione da noi sentita – perché la sensibilizzazione delle aziende sulla qualità dei prodotti è quanto esiste da sempre.

Foto. Brigitte Foppa