“Virus war”, il docu-film sui segreti della ricerca militare

Cosa accade nei bio-laboratori sparsi per il mondo? E per quale motivo le sperimentazioni di carattere militare sono coperte dalla massima segretezza? Prodotto da OVALmedia, il docu-film Virus war si prefigge di esplorare e rivelare ciò che finora non ha mai trovato spazio sulla stampa generalista. Le ambizioni sono notevoli, tant’è che i produttori del lungometraggio -ancora in fase di pre-produzione- hanno avviato una campagna di raccolta fondi, per sostenere quella che si preannuncia come una vera e propria sfida. Ne abbiamo parlato con Nathalie Signorini, regista e produttrice di OVALmedia per l’Italia.

Virus war” è il docu-film che ‘non vogliono farci vedere’: chi non vorrebbe venisse prodotto e perché?

“Tale affermazione ad effetto è stata riportata da alcuni portali che hanno illustrato il nostro progetto. Mi sembra un’affermazione significativa, in quanto ritengo che nessun governo (né quello attuale, né quello precedente), abbia interesse a raccontare ciò che accade veramente in un bio-laboratorio militare. Sottolineo che da settant’anni gli USA dispongono del suolo italiano per le loro basi, nelle quali possono fare praticamente ciò che vogliono. I media che potrebbero essere economicamente in grado di produrre un progetto come il nostro, piuttosto costoso, preferiscono non svegliare il ‘can che dorme’ e occuparsi d’altro. Eppure sono certa che a qualunque Italiano, al di là di ciò che pensa specificamente della gestione pandemica o del vaccino anti-Covid, interesserebbe sapere che cosa si fa davvero nei bio-laboratori, in particolare quali siano le loro finalità e quali rischi si corrano. E, alla luce di ciò che è accaduto durante la pandemia, mi spingo a dire che, forse, l’argomento interessa tutti i cittadini del mondo. Tra questi c’è chi è consapevole dell’inaffidabilità dei media generalisti: tuttavia, per avere accesso a notizie, contenuti scomodi e originali occorre che queste stesse persone sostengano economicamente le inchieste alternative, che altrimenti cadrebbero nell’oblio”.

Il lungometraggio si prefigge di raccontare gli effetti della ricerca scientifica militare duale. Di che si tratta, esattamente?

“Il mondo militare studia i virus per due ragioni: per difendersi da possibili attacchi da parte del “nemico”, ma anche per sferrare attacchi al “nemico”. Nell’ambito di questa doppia finalità si svolge una folle corsa contro il tempo da parte di ogni grande esercito, nel tentativo di arrivare prima degli altri a creare l’arma perfetta. È così che si passa dallo studiare i virus e i loro effetti sugli esseri umani alla creazione in laboratorio di virus-chimera, dei mix di virus, sperimentazioni pericolosissime, di cui, possiamo dire, l’umanità non sente proprio il bisogno. La cosa si fa ancora più pericolosa quando la ricerca militare sborda, sconfina nella ricerca civile il cui unico scopo dovrebbe essere quello di aiutare gli esseri umani, cioè evitare che si ammalino. Se guardiamo per esempio al laboratorio di Wuhan, lì la commistione tra elemento civile e militare è stata totale, sia da parte cinese, sia da parte americana. Il nostro film vorrebbe raccontare questa spirale perversa in cui i mezzi tecnologici sempre più potenti prendono il sopravvento e fanno perdere di vista l’obiettivo: il fine ultimo diventa vincere sull’altro, dominarlo, anziché migliorare le condizioni di vita di tutti. Ripeto, questo aspetto sta passando dal mondo scientifico militare a quello civile”.

Il PNRR finanzierà la costruzione di bio-laboratori italiani. Quali saranno i rischi per il nostro Paese?

“I rischi sono molteplici. Il primo è, banalmente, pratico: contenere i virus è difficilissimo, poiché si verificano continuamente incidenti. Questa è una lista assai incompleta -che tutti possono reperire su Wikipedia- di incidenti accaduti in vari bio-laboratori: Elenco degli incidenti di biosicurezza di laboratorio – Wikipedia. Tale elenco tralascia un’infinità di altri incidenti; tuttavia è già sufficiente a far passare la voglia di avere dei bio-laboratori vicini. Pensiamo solo al bio-laboratorio che volevano costruire a Pesaro e a quel che è stato del terreno su cui doveva sorgere, completamente sommerso dall’inondazione di qualche mese fa: ci rendiamo conto immediatamente che, ai fini della nostra incolumità, non disponiamo del controllo sufficiente né del territorio, né di queste strutture. Ma tutto ciò la maggior parte dei cittadini italiani, e non solo, lo ignora. Per questo motivo è importante realizzare un film sulla tematica, affinché più persone possibili vengano informate su ciò che le riguarda direttamente. Inoltre, forse sarebbe interessante sapere se per gli Italiani sia più utile impiegare tanto denaro per lo studio della malaria, ad esempio, o del virus X, anziché concentrarsi su altre malattie che affliggono la popolazione italiana con un’incidenza più rilevante”.

Le riprese del docu-film si svolgeranno tra Egitto, Sierra Leone, Stati Uniti e Cina: perché proprio in questi Paesi?

“Perché in ognuno di questi Paesi esiste almeno un bio-laboratorio americano e intorno ad esso varie storie agghiaccianti poco conosciute dall’opinione pubblica. In Egitto, per esempio, dalla fine della Seconda guerra mondiale fino a quattro anni fa c’era il quartier generale dei laboratori statunitensi militari d’Africa e del Medio Oriente. In ogni continente gli USA ne hanno uno… . Nel corso degli anni sul suolo egiziano si sono verificate varie epidemie tra cui una di meningite e una di aviaria, malattie studiate, guarda caso, proprio negli stessi periodi dentro il laboratorio del Cairo. Guarda l’ulteriore caso, c’erano dei nuovi trattamenti pronti, ma che ovviamente non erano stati testati prima e che avevano causato gravi effetti collaterali. Oggi quel laboratorio non si trova più al Cairo. Poco prima che scoppiasse la pandemia, nel dicembre del 2019, è stato trasferito dall’Egitto. Indovinate dove lo hanno trasferito? In Sicilia… . Anche di questo vorremmo parlare nel nostro film. Nella costruzione drammaturgica del progetto abbiamo seguito una struttura modulare, cosicché se non riusciremo a raccogliere i fondi necessari per girare tutto ciò che vorremmo, con un budget ridotto potremmo comunque avere una storia che regga il racconto filmico. Quella dall’Egitto all’Italia è una storia interessante che ancora nessuno ha raccontato. Con un budget più ricco includeremmo anche altri aspetti importanti: quello di un laboratorio militare sempre americano della Sierra Leone vicino al quale, nel 2014, è scoppiata un’epidemia di Ebola. Un giornalista locale ha scoperto che gli scienziati statunitensi che vi lavoravano hanno mentito a proposito del “paziente zero” di quell’epidemia, raccontando di un salto di specie del virus mai avvenuto. Ciò fa supporre che il passaggio dell’Ebola non sia stato naturale, bensì creato in laboratorio: perché mentire, altrimenti? Poi c’è il caso eclatante nel luglio 2019, quando il bio-laboratorio di Fort Detrick nel Merryland è stato chiuso per alcune settimane dopo che una strana polmonite si era diffusa in una casa di riposo di ex militari e tra gli acquirenti di una marca di sigarette elettroniche appena lanciata sul mercato statunitense. Da Fort Detrick, per ammissione delle autorità stesse, nei decenni è “scappato” fuori di tutto. Ma, alla fine, le storie vengono messe sotto silenzio. Infine vorremmo parlare del laboratorio di Wuhan: l’esempio perfetto di commistione tra ricerca militare e civile”.

Cercherete di fare luce anche sulla presunta origine artificiale del Covid?

“Sì. Se ben ricordate due anni fa era vietato anche solo chiedersi se il Covid-19 avesse avuto origine in un laboratorio. Oggi l’establishment americano -sia democratico che repubblicano- considera questa ipotesi realmente possibile. Come mai? Come hanno interagito Americani e Cinesi nel laboratorio costruito sotto l’egida dell’OMS? E come sono i loro rapporti oggi? Naturalmente da noi, in Italia, si evita di affrontare l’argomento, quando invece questo dovrebbe essere l’argomento degli argomenti”.

Affronterete pure la tematica degli effetti avversi da vaccino anti-Covid, tematica ancora oggi tabù? Ai ricercatori è preclusa la possibilità di studiare il contenuto delle fiale: la motivazione sarebbe di natura squisitamente commerciale oppure, come sostengono i ‘complottisti’, si starebbe cercando di nascondere qualcosa?

“Affronteremo la questione del vaccino a latere. La produzione di antidoti alle armi biologiche procede sempre di pari passo nella ricerca militare. E dopo che si sono testati sugli animali servono cavie umane per ottenere risultati utili. Forse per questo ogni tanto un virus “scappa” fuori da un bio-laboratorio e, forse per lo stesso motivo, vi sono così tante storie strane da indagare intorno a questi centri scientifici su cui ancora nessuno ha fatto un film d’inchiesta”.

Le ‘cassandre’ prevedono nuove, terribili pandemie. Al di là dell’ipotetica origine naturale di esse e considerando invece il possibile obiettivo militare delle ricerche nei bio-laboratori, con quali modalità e finalità potrebbe essere data vita a una guerra batteriologica?

“Questa è una domanda difficile. Sappiamo di certo che le modalità già testate per rilasciare un virus sono molteplici: dall’uso di droni all’uso di animali (stormi di uccelli, per esempio). Sappiamo anche con certezza che la ricerca virologica militare delle grandi potenze è orientata agli studi etnici. In parole semplici significa che ogni Paese studia quale impatto abbia ciascun virus su una certa popolazione, la propria, e quella “nemica”. Facciamo un esempio: studiare le caratteristiche del ceppo slavo potrebbe essere utile a chi vuole combattere la Russia anche con le armi biologiche, così come conoscere quelle “americane” potrebbe tornare utile alla Cina. Del resto, che cosa si studiava nei laboratori americani in Ucraina? E in quello cinese scoperto pochi giorni fa in territorio californiano?”.