Thomas Brancaglion è noto sulla scena cittadina soprattutto grazie alla sua attività politica come Consigliere comunale di Bolzano del Team K. Ricordiamo che Brancaglion si era presentato nel 2020 come candidato sindaco del Team, elezione che permise al Movimento fondato dal Consigliere provinciale Paul Köllensperger di far eleggere sia Thomas Brancaglion, sia il giovane Matthias Cologna in Consiglio comunale.
Da allora Brancaglion non perde occasione, spesso in tandem con il capogruppo del Team in Comune Matthias Cologna, di far sentire la sua voce in merito alle numerose problematiche che investono il capoluogo altoatesino.
Abbiamo incontrato il Consigliere nel prestigioso Bar dell’Hotel Laurin di Bolzano per parlare soprattutto della questione immigrati, materia che Brancaglion conosce a menadito, essendo consulente legale con specializzazione in diritto dell’immigrazione. Non passa giorno che deve affrontare e sciogliere inghippi giuridici, spesso faccende ingarbugliate che creano diversi grattacapi a chi è investito dal dilemma.
«Dalla legge conosciuta come Bossi-Fini, che ha un impianto valido, le cose sono cambiate parecchio e sono in continua evoluzione» – afferma senza mezzi termini Brancaglion, che spalanca le braccia esclamando che è stata abrogata la protezione speciale con il “Decreto Cutro” poi convertito in legge n. 50/23. Questa permetteva spesso la possibilità di regolarizzare la posizione di persone perfettamente integrate dal punto di vista sociale e lavorativo.
Alla domanda frontale sulla situazione odierna in merito alla situazione dopo il Decreto Cutro e se possiamo descrivere il modus di procedere un navigare a vista da parte di coloro che sono chiamati ad assistere chi chiede un permesso di soggiorno, Brancaglion ammette che ci si barcamena alla luce della giurisprudenza e delle varie prassi, valutando caso per caso.
Il giurista-politico fa presente un altro aspetto che spesso sfugge, vale a dire l’obbligo di chi vive in Italia con permesso di soggiorno di comunicare all’Ufficio dell’Anagrafe il proprio domicilio abituale ad ogni scadenza del permesso per non perdere la residenza e contestuali diritti da questa derivanti, cosa che soprattutto a Bolzano succede facilmente.
Altro aspetto interessante riguarda quelle persone, figli di immigrati, che nascono in Italia e restano residenti sul territorio italiano ininterrottamente fino all’età di diciotto anni. Costoro poi per dodici mesi consecutivi e non un giorno oltre il diciannovesimo anno d’età possono chiedere e ottenere la cittadinanza italiana in funzione della residenza continuativa. Termini assolutamente severi e perentori, basta poco per perdere il diritto.
Con Brancaglion parliamo anche di sicurezza, tema molto sentito in città. «Basta con gli slogan, non si riesce sempre ad espellere i cittadini di Stati non appartenenti all’UE, comunque non più del 5%», afferma il Consigliere. È ora di trovare approcci strutturali a problematiche complesse. La semplificazione non aiuta.
Inoltre, a Bolzano vivono diversi minori non accompagnati. «In virtù dell’Autonomia altoatesina è il Presidente della Provincia ad assumere in primis la tutela automatica dei minori non accompagnati», ricorda il giurista, il quale non ha dubbi sul fatto che la soluzione migliore per integrare rifugiati, sono i SAI (Sistemi di accoglienza e integrazione). Questi prevedono la migliore e più veloce integrazione, inclusione delle persone, peraltro a spese dell’Unione Europea con i fondi a ciò stanziati.
A Bolzano ultimamente si concentrano episodi allarmanti di criminalità nei rioni periferici. Non è una tematica legata per forza all’immigrazione ma anche qui, riuscire a costruire una comunità aiuterebbe ad affrontare le difficili sfide odierne. Brancaglion è convinto che nella situazione attuale non basti curare i sintomi, ma che servirebbe intervenire in modo radicale coordinando i servizi sul territorio. «Abbiamo servizi che funzionano bene ma faticano a inserirsi in un sistema perciò succede che nessuno fa più del proprio mandato e si perde la visione sistemica. Bisogna aumentare gli streetworker, le squadre di contatto multidisciplinare, i servizi sul territorio, per garantire presidio e intervento mirato, altrimenti rischiamo di fare scoppiare la pentola a pressione che è diventata la nostra società», conclude il Consigliere di Team K.