La discesa del Po da Monticelli d‘Ongina a Punta Maestra in sei tappe da oggi all’otto giugno prossimo

Si pensava già da anni a scendere il Po con Suivez, la barca semitrasparente con voga alla veneta costruita da Elvio con materiali di recupero. Però c’era anche l’idea di usare per la discesa l’altra barca, per 4 vogatori, la Hanns&Co., ma l’organizzazione risultava troppo impegnativa e così l’altra idea, quella di scendere il Po in due, supportati da una macchina di accompagnamento che provvedeva anche al trasporto di Suivez da Bolzano al fiume e ritorno prese forma. Si tentava di organizzare la discesa per parecchi anni, ma tra Covid e siccità il primo momento utile era il 2024, dove i fiumi erano in gran piena e così anche Po, un essere vivente lungo più di 600 km e largo dai 300 ai 400 metri a partire dalle parti di Cremona. Po ci ha accolto con una particolare e lenta generosità, ma la potenza di centinaia di milioni di litri d’acqua in movimento ci ha suggerito prudenza e rispetto.

Una volta fatto amicizia con la massa d’acqua è iniziato un viaggio fuori dal tempo e dai rumori dentro uno spazio in lentissima metamorfosi con quasi impercettibili variazioni. Sembrava che fosse così, invece la potente e continua corrente ci aiutava non poco a muoverci in buona velocità, perché i chilometri da percorrer erano tanti, ca. 300. Suivez era stabile, ma forse dal punto di vista dell’ergonomia non era molto comoda e richiedeva tutte le nostre forze per mantenere un ritmo di voga che in qualche modo rispettasse la tabella di marcia. Infatti il fuotibordo da 4 cavalli tornava utile quando, verso sera, la stanchezza prendeva il sopravvento. Si partiva la mattina presto, si vogava, si vogava, si mangiava qualcosa, si vogava, si vogava e la sera si arrivava in uno dei pontili spesso autocostruiti con materiale di recupero dei dismessi ponti galleggianti e con i container riutilizzati di provenienza terremoto del Friuli. Il vogare però aveva una sua particolare dimensione che ci permetteva di capire e percepire il fiume e di divenirne parte.

Tutte le persone che avevamo incontrato lungo il Po lo considerano una parte di loro, parlano di lui come di un essere vivo che fa parte della loro quotidianità e della loro vita. Il Po varia, le sue golene lo tengono buono quando è in piena, le sue sabbie ormai troppo accumulate gli danno fastidio, quando si arrabbia fa dei vortici pericolosissimi per le persone che vengono risucchiate lentamente ma senza alcuna possibilità di scampo. Infatti è una delle prime cose che viene insegnata alle bambine e ai bambini che vivono lungo il Po.

Sarò breve in chiusura; il nostro viaggio era un viaggio lento in grande solitudine dove i pochi incontri con umani o altre, pochissime barche, sembravano dei miraggi che solo lentamente assumevano una dimensione reale. Il nostro viaggio procedeva con veloce lentezza dentro il riflesso del cielo e delle nuvole con gli unici punti di riferimento che erano i ponti stradali, autostradali e ferrovieri che abbiamo visto tutti da sotto insieme a difetti e degradi e i campanili delle chiese che spuntano da dietro gli argini mostrandoci i loro quadranti e suonandoci il tempo. Il Po è metafora del tempo atemporale, si modifica ma c’è sempre, fluisce in una direzione cambiando la direzione, scorre in un flusso continuo e ti porta con se in totale silenzio sull‘orizzonte tra acqua e il cielo per tutto il tempo che sei parte di lui.

Arrivati a Punta Maestra il mondo cambia, ci sono i veneziani con i loro potentissimi motoscafi che solcano l’acqua salmastra della non lontana foce. Punta Maestra sembra un villaggio di briganti sulla riva del Po della Pila e forse la maggior parte degli scafisti sono dei pirati all’ombra della dismessa centrale termoelettrica di Porto Tolle con la sua ciminiera alta 250 metri che risulta essere la costruzione non metallica più alta in Italia. Bel record.

Il racconto non finisce qui, avrà un suo seguito, ma per oggi basta.
I due vogatori Elvio Zari e Wolfgang von Klebelsberg
P.S.: Elvio è un Veneziano venuto in Südtirol per lavoro negli tardi anni ’60. Suivez è la seconda barca che aveva costruito dopo Zevius. I nomi delle barche sono una sorta di anagramma di Elvio: Zevius – Zari Elvio Venezia Italia und Südtirol. Suivez – Südtirol und Italia Venezia Elvio Zari. Bisogna ricordare che Suivez durante tutto il viaggio non ha fatto una goccia d’acqua!

Wolfgang von Klebelsberg