Cinquant’anni di vita, di ricerca, di salvaguardia del patrimonio materiale: Il Museo agricolo di Brunnenburg

Una mostra interdisciplinare cui parteciperanno fotografi come Gianni Podini, Louis Celia Zippo, artisti Margit Klammer, Annemarie Lahner, scultori come Bernhard Grassl e Adolf Vallazza, sarà parte dei festeggiamenti per un anniversario speciale come quello che si festeggia quest’anno al Museo Agricolo di Brunnenburg.

Il 24 settembre di cinquanta anni fa apriva il Museo Agricolo di Brunnenburg. Esso era iniziato con le ricerche appassionate di tre giovani, tre amici Meranesi, Siegfried De Rachewiltz, Peter Lloyd, Franza Haller che rendendosi conto che una larga fetta della tradizione rurale stava per essere divorata dalla modernità e dalla tecnologia decisero di raccoglierla affinché potesse essere preservata e diventare patrimonio comune anche delle giovani generazioni. Essi raccolsero “le parole” della cultura materiale contadina dell’Alto Adige, quelle cioè che un tempo erano d’uso comune nel lavoro agricolo, nella stalla, nei campi e sugli alpeggi. Insieme alle parole, sarebbero di lì a poco andati persi anche secoli di conoscenze tradizionali sulle strategie di sopravvivenza, sulle tecniche di lavoro, sulla scienza dei materiali e sulle invenzioni che avevano permesso all’uomo di creare una casa per sé e per le generazioni future in mezzo alle forze della natura e comunque in armonia con essa. Tutte questo sapere tramandato di generazione in generazione i tre giovani ebbero la pazienza di registrarle su nastro magnetico dalla viva voce degli anziani, si aggiunsero foto e filmati. Nello scorrere degli anni le ricerche continuarono e furono creati libri a tema, documentari, e un luogo appunto dove poter ospitare e preservare anche tutti quegli oggetti, quegli strumenti che avevano reso possibile la sopravvivenza sul pendio ripido.

Fin dall’inizio agli studiosi fu chiaro che la sfida più grande per gli abitanti delle Alpi era il trasporto. Tutte le popolazioni montane del mondo hanno dovuto affrontare questo problema e hanno sviluppato le proprie strategie di trasporto. Ciò che caratterizza in modo particolare l’area del Tirolo storico è la varietà di soluzioni trovate per i diversi problemi di trasporto. La capacità di caricare animali o di spostare carichi su ruote era molto limitata in montagna, quindi le persone dovevano sostenere la maggior parte dei carichi da sole, per cui le diverse aree hanno optato per dispositivi e tecniche di trasporto differenti. Il fatto che la “terra di montagna” sia sempre stata colonizzata da vari popoli e sia quindi diventata un luogo di incontro per diverse culture del trasporto può aver contribuito all’emergere di questa diversità.

Homo ferens/donne portatrici è il titolo della mostra e del libro che coronano questo importante traguardo di vita e attività del Museo di Brunnenburg. Il titolo di questa pubblicazione commemorativa intende sottolineare il ruolo delle donne nello sviluppo di tutte le culture del trasporto in tutto il mondo e in particolare della cultura del trasporto alpino. Il fatto che le donne fossero spesso trattate come bestie da soma emerge chiaramente da molti dei nostri contributi. La sopravvivenza su un pendio ripido richiedeva che tutti – uomini, donne, bambini e anziani portassero la loro parte.