STATO CENTRALE E AUTONOMIA

Antonio Merlino è nato a Bolzano nel 1981. Si è addottorato con lode in «Scienze giuridiche» nelle Università «Suor Orsola Benincasa» di Napoli e «Paris Lodron» di Salisburgo, dove attualmente insegna e svolge attività di ricerca. È editorialista per il quotidiano «Alto Adige».

Lei ha scritto di recente due libri su Kelsen: «Storia di Kelsen. La recezione della Reine Rechtslehre in Italia» (Editoriale Scientifica, 2012) e «Kelsen im Spiegel der italienischen Rechtslehre» (Peter Lang Verlag, 2013). Cosa l’ha spinta a scrivere su un filosofo così complesso come Hans Kelsen?

“Credo che la teoria pura del diritto (Reine Rechtslehre) di Hans Kelsen ponga ancora dei gravi problemi alla scienza giuridica. Un grande giurista italiano diceva che per poter filosofare occorre oggi “kelsenizzare”, capire cioè il kelsenismo e la sua eredità, scriverne la storia. Come ogni storia essa è «contemporanea», viva nel presente, essa racconta di una tradizione giuridica a volte dimenticata, a volte fraintesa. Kelsen fu il giurista che forse più di ogni altro ha influenzato la scienza giuridica del Novecento: attraverso le lenti del kelsenismo ho cercato di interpretare alcune tendenze della scienza giuridica della prima metà del Novecento e alcuni problemi, tuttora aperti, che essa pone al presente.”È noto che Hans Kelsen nel 1920 accettò la proposta del cancelliere austriaco Karl Renner di contribuire alla stesura della prima costituzione liberal-democratica e federale della Repubblica austriaca. Questo nodo dell’elaborazione teorica del filosofo lo affronta anche nel Suo libro?

“Il rapporto tra Kelsen e Renner è molto complesso ed è all’origine della Costituzione austriaca del 1920. Le riflessioni di Kelsen e Renner miravano, tra l’altro, a risolvere giuridicamente il complesso rapporto tra centralismo e autonomia e risentivano delle diverse “Weltanschauungen” presenti nell’esperienza della monarchia plurinazionale conclusasi con la fine della prima catastrofe bellica: Stato e diritto apparivano sia a Kelsen che a Renner una sorta di minimo comun denominatore, che potesse riunire ogni punto di vista sociale. Per questa ragione Stato e diritto dovevano essere “neutrali” rispetto ai valori presenti in una società: questa teoria suscitò una vivacissima critica in Italia, dove i presupposti erano però altri e dove una tradizione giuridica di lungo corso si confrontava con il giovane Stato italiano e lanciava così la sua sfida al centralismo statalista e al suo culto foriero di tante sventure.”

Vivendo prevalentemente all’estero, come interpreta la convivenza, a suo tempo definita dallo storico Piero Agostini?

“Penso che la convivenza cui si riferiva, lucidamente, Piero Agostini sia un processo storico e che come tale sia tuttora suscettibile di evoluzione: guai anzi se non lo fosse. 
La convivenza, così come l’ordinamento giuridico che la regola, è consustanziale alla società e al suo sviluppo e dunque non può essere regolata una volta per sempre, ma è in perenne svolgimento. Per questa ragione occorre non darla mai per scontata, difenderla sempre e accompagnarla nella sua evoluzione, tenendo fermi i principi su cui essa si fonda: non «rinviarla» insomma.”