Bartolomeo Sorge, il sacerdote che processa la “classe politica malata, priva di etica”

Il gesuita Bartolomeo Sorge recentemente morto lascia una ricca eredità di pensiero, di valori e di esperienze: la sua vita complessa e straordinaria – la vita di un maestro di cultura politica e di moderna laicità – ci spinge a riflettere sui suoi pensieri politici e sociali.
Dotato di una forte personalità, racchiude la storia di un Gesuita, di uno storico direttore de La Civiltà Cattolica, di una guida carismatica dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe a Palermo e di un protagonista della «Primavera di Palermo» e poi a Milano a dirigere riviste come «Popoli e Aggiornamenti Sociali»:facile non sembra se si vuol parlare o scrivere della sua lunga, tenace e infaticabile attività a fare uscire la Sua Chiesa “dalle mura del tempio” e a “suggestionare“ le vicende della società italiana in crisi.
Padre Sorge, “sacerdote politico” e maestro per l’Italia di oggi e per quella di domani, scrive tanto e tutto meriterebbe di essere letto: è un Gesuita esperto della Dottrina sociale della Chiesa e culturalmente e senza indugio processa la classe politica malata, priva di etica e indicata con il nome dispregiativo di “casta”. La giudica bisognevole di una “resurrezione culturale”.
“Dare un’anima alla politica” è una delle sue espressioni preferite che racchiude il suo pensiero e il suo progetto: la politica o meglio “la nuova politica” è la rappresentazione dell’umanità dotata da una carica etica mentre la politica “senz’anima” è quella che più che servire il popolo, vive per interesse personale e sfocia nel populismo.
Andiamo con ordine: non è forse vero che i padri gesuiti, fedeli al Concilio Vaticano ll, intendevano portare l’umanesimo conciliare tra le forze politiche democratiche per formare una nuova e moderna classe dirigente? E il gesuita Sorge non è stato un protagonista per la ricostituzione politica del movimento cattolico?
Nel 1985, dopo venticinque anni di presenza a La Civiltà Cattolica, padre Sorge, uomo di Sant’Ignazio, accanto al confratello Pintacuda è il riferimento principale e l’animatore di quella primavera di impegno con l’obiettivo di riscattare eticamente la Sicilia dal fenomeno mafioso. A Palermo, infatti, avverte l’esigenza di “aria nuova” e non fa mistero della sua intenzione di voler superare i tristi condizionamenti: arriva l’idea “degli uomini nuovi” e il progetto del ricambio di quadri perché la società vive una crisi strutturale e la nuova generazione deve inventare strade nuove …“i modelli di ieri non servono più e i modelli di domani bisogna inventarli…”Inizia una forte battaglia “rivoluzionaria” e alla critica del suo programma, annuncia, senza timore, di trovarsi nella città siciliana non in esilio né …”a contemplare le stelle”… ma a diffondere la cultura della legalità, a formare “la nuova coscienza dei laici” e a realizzare – libera da formule vecchie o colluse – l’idea della “Primavera di Palermo”.
Contro il Gesuita arriva l’accusa di ”sconfinamento, di indebita supplenza politica e di interventismo ecclesiastico” perché…”non spetta ai pastori della Chiesa intervenire direttamente nell’azione politica quotidiana, nella struttura dei partiti e nell’organizzazione della vita sociale perché spesso finiscono per diventare i “cappellani” di un partito o di una corrente politica.”
Il combattivo Gesuita replica e non manca a dare la risposta con la consapevolezza di chi sa (e sa di più) sul nuovo modo di essere religioso: se la missione affidata alla Chiesa non è di ordine politico, economico e sociale ma di ordine religioso ispirato dalla fede, ciò non significa indifferenza o disinteresse alla realtà sociale. E ancora: se “il miglioramento umano” è parte integrante della evangelizzazione, se il partecipare alla trasformazione del mondo per la giustizia sociale è una missione della Chiesa perché i sacerdoti dovrebbero rinunciare alla loro missione? Perché non far sentire la loro voce? Perché tacere di fronte a comportamenti politici moralmente inaccettabili? Perché non offrire i criteri etici e culturali per aiutare le coscienze? Perché i sacerdoti si devono “chiudere in sacrestia”? Perché non “uscire dal tempio“ e portare il messaggio dove l’uomo pensa, vive e lavora?
Altro è “l’interventismo ecclesiastico” e le cui risposte del gesuita chiariscono: la voce religiosa aiuta la democrazia sia a ritrovare la fondazione etica, sia a formare l’amicizia sociale e infine a contribuire a dare un’anima alla politica. Padre Bartolomeo Sorge, profetico fino alla fine, ottiene un ruolo nella storia della politica e della società italiana: ci ha fatto conoscere la sua forte riflessione sociale, culturale e politica e che lascia per il nostro futuro.
Se le guerre non finiscono e non passano da sole bisogna allora fare la pace… e detto in altre parole: ci sono valori civili essenziali – la libertà, la dignità intangibile della persona, la giustizia sociale, la democrazia – che rischiano di non reggere la realtà di un mondo disorientato e confuso, se non riscoprono il loro ancoraggio ai veri e sani valori.
Sì è vero: l’ attualità  del padre gesuita rimane grande, la società gli è grata, ci mancherà e mancherà anche ai suoi oppositori.

In foto: Bartolomeo Sorge