“Abbiamo dovuto annullare l’appuntamento in Cassazione, previsto per venerdì prossimo. Purtroppo i plichi stanno pervenendo molto lentamente, ad oggi ne abbiamo potuti contabilizzare solo circa 300. Su 7800 Comuni non è nulla, non è un dato nemmeno valutabile. Va da sé che in queste condizioni non è possibile depositare alcunché”. L’avvocato Olga Milanese, prima promotrice del Referendum No Green Pass, spiega le motivazioni che hanno indotto il Comitato organizzatore a presentare un’istanza, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza della Corte Costituzionale e i competenti Uffici della Corte di Cassazione, al fine di “ottenere una proroga di tre mesi del termine per la raccolta delle firme referendarie e per il successivo deposito”. Nei giorni scorsi i promotori avevano denunciato ritardi, omissioni e comportamenti poco trasparenti da parte degli enti preposti (l’approfondimento: https://www.buongiornosuedtirol.it/2021/10/referendum-no-green-pass-parlano-i-promotori-ci-hanno-ostacolato/). “Tra l’altro -sottolinea il legale- “per una buona parte dei moduli non sono ancora pervenuti i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei firmatari”. La richiesta dei promotori giunge a poche ore di distanza dalle voci di una possibile, imminente proroga del Green Pass, “almeno” fino a marzo 2022. È quanto mai evidente che il Governo confidasse cordialmente nel mancato raggiungimento delle firme per sentirsi ancora più baldanzoso nel proposito, peraltro già implicito, di procedere alla proroga (praticamente a tempo indeterminato) del lasciapassare. E così il primo referendum della storia repubblicana promosso dai cittadini, per i cittadini, rischia di rimanere un atto incompiuto. Nel comunicato, diffuso dai promotori, si legge: “Nonostante la raccolta delle firme sia stata chiusa con congruo anticipo, allo scopo di consentire ai promotori del Referendum No Green Pass di ricevere la documentazione referendaria in tempo utile, i moduli stanno pervenendo a Roma con grande ritardo: ad oggi, infatti, sono stati recapitati solo circa 300 plichi ed altrettante Pec. Si è consumata una evidente disparità di trattamento a danno del Referendum No Green Pass, considerato che le altre iniziative referendarie in corso, promosse dai partiti politici, hanno beneficiato di complessivi quattro mesi per la raccolta delle firme e per l’acquisizione delle relative certificazioni, oltre ad una fase preparatoria durata, a seconda dei casi, da uno a due mesi. Una tempistica altrettanto favorevole è stata preclusa ai promotori del Referendum No Green Pass a causa della decisione del Governo di estendere l’applicazione della “certificazione verde Covid” alle attività economiche, sociali, lavorative e di studio mediante provvedimenti emanati nel pieno dell’estate e, quindi, poche settimane prima della scadenza stabilita dalla legge per la presentazione delle richieste di referendum. Pertanto, i promotori del Referendum No Green Pass hanno depositato, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza della Corte Costituzionale e i competenti Uffici della Corte di Cassazione, una istanza volta ad ottenere una proroga di tre mesi del termine per la raccolta delle firme referendarie e per il successivo deposito. Solo se la proroga di tre mesi sarà concessa, potrà dirsi assicurata la parità di trattamento tra l’iniziativa referendaria in materia di Green Pass promossa dai cittadini per i cittadini e quelle promosse, su altri temi, dai partiti politici”. Le possibilità che l’istanza venga accolta appaiono molto improbabili. Precisa infatti l’avvocato Milanese: “Si tratta di una richiesta irrituale, dato che non è prevista da alcuna norma. Ci appelliamo ancora una volta al doveroso rispetto del principio di eguaglianza (inteso come garanzia di trattamento egualitario di situazioni sostanzialmente identiche), che anche in questo caso risulta violato, avendo noi avuto un quarto del tempo a disposizione dei concomitanti referendum”.