“Ci si difende nel processo, e non dal processo”. Queste le parole di Roberto Saviano, uscito dall’udienza del 7 novembre, reo di avere attribuito a Matteo Salvini il nominativo di “Ministro della Mala Vita”. Lo scrittore napoletano e il Ministro delle Infrastrutture in carica si sarebbero dovuti confrontare al Tribunale di Roma, ma Salvini non è apparso, giustificando la sua assenza per motivi di lavoro. Proprio quel giorno avrebbe dovuto partecipare ad un “evento insieme a 500 persone in difficoltà, soprattutto bimbi stranieri orfani e malati, cui Fondazione Fiera e Progetto Arca hanno offerto un concerto, un pranzo e una giornata di amicizia e serenità. Salvini avrà altre occasioni per incontrare il livoroso Saviano”, fanno sapere le fonti della Lega.
Lo storico e politico Giacomo Salvemini definì, da cui il titolo del saggio del 1909, Giovanni Giolitti, esponente politico di spicco durante il primo Novecento fino alla Grande Guerra, come “Ministro della Mala Vita”, a causa dei suoi metodi elettorali per attestarsi dei seggi, specie nel Mezzogiorno, considerati immorali e illeciti. Eppure, Salvemini non fu portato a processo da Giolitti, e non ritirò mai pubblicamente le accuse scagliate contro l’allora cinque volte Presidente del Consiglio. Più di cento anni dopo, nell’era contemporanea, le carte in gioco sono cambiate: criticare un politico equivale automaticamente a ritrovarsi processati.
Matteo Salvini non è il solo esponente politico a scagliarsi contro Saviano. Anche l’attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha trascinato lo scrittore a processo per diffamazione. Nel 2019, a Non è l’arena, programma televisivo condotto da Corrado Formigli, in seguito ad un’immagine mostratagli di bambini africani esanimi in mare, Saviano definì Meloni e Salvini “bastardi”. Meloni, che all’epoca stava all’opposizione, espresse la sua opinione riguardo alle navi umanitarie ONG, proponendo, da vera esperta del campo, di “affondarle tutte”. La faccenda si concluse con una innocua multa di 1000 euro a carico di Saviano. Ma il gesto simbolico ed abietto di scatenare una guerra giudiziaria contro intellettuali e di portarli in sede giudiziaria è infimamente intimidatorio.
Saviano avrebbe dovuto, inoltre, mandare in onda sulla Rai il suo programma televisivo Insider, escluso e rimosso definitivamente dal palinsesto programmatico per motivi ignoti. Certo è che la Rai si trova a fronteggiare una situazione insolita: l’abbandono di Fabio Fazio e di Che tempo che fa, il processo al giornalista Sigfrido Ranucci per il suo programma di giornalismo d’inchiesta Report, e ora la definitiva cancellazione del programma di Saviano. Insomma, qualche dubbio, seppur vago, sorge spontaneo.
Oltre ad essere irrisoria la giustificazione del Ministro Salvini, portando in ballo, come fece anche il Ministro Lollobrigida, la questione dei “bambini”, che alla loro tenera età probabilmente non sapranno nemmeno chi siano i due soggetti suddetti, ciò che rende ulteriormente scandaloso l’affaire Saviano è che a portarlo a processo sono un Presidente del Consiglio ed un Ministro della Repubblica italiana. Riporta alla memoria il “processo letterario” di Gustave Flaubert, scrittore e maggiore esponente del realismo francese, che con la pubblicazione di Madame Bovary venne accusato di immoralità e di incitamento all’adulterio. Insomma, la prima volta come tragedia, come capitò a Flaubert, la seconda come farsa, come successe e succede tutt’ora a Saviano.
“Non permetterò mai che la politica possa determinare, essa stessa, i limiti di critica. Assolutamente no. La politica, in quanto tale, deve raccogliere su di sé le critiche più feroci e non può intimidire”, racconta Saviano, appena uscito dal processo, sui social. È evidente che, essendo i politici dei personaggi pubblici e, di conseguenza, portatori di una responsabilità ampiamente maggiore che un comune cittadino, essi sono più inclini a ricevere critiche. E l’immaturo comportamento che i nostri politici, fragili come d’autunno sugli alberi le foglie, dimostrano, reprimendo sistematicamente chiunque osi criticare ed andare controcorrente, è un campanello d’allarme alla libertà d’espressione e di pensiero, che con tanta fatica siamo riusciti a guadagnarci nel corso della storia.