Lo sciamano di ghiaccio e Transart ‘24

Domenica 22 settembre il festival Transart approda dopo qualche anno di assenza in Trentino con un ambizioso progetto di teatro multimediale, Lo sciamano di ghiaccio, racconto fra luci e ombre dedicato al popolo degli Inuit e alle conseguenze dei cambiamenti climatici sulle popolazioni native.
Tusaqtuut, “ascoltare”, è il nome che gli Inuit danno al periodo fra metà ottobre e metà novembre, perché quando il mare è ghiacciato è possibile viaggiare in slitta e scambiare notizie con gli altri insediamenti. Domenica 22 settembre alle ore 20.30 il Festival Transart approda di nuovo in Trentino con uno spettacolo che porta all’attenzione del pubblico le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici sulle popolazioni native di Alaska, Canada e Groenlandia, un racconto di luce e tenebra, che ci trasporta in una terra dove ancora stili di vita arcaici convivono con la modernità urbana. Al centro del racconto gli Inuit, oggi non più di 120 mila individui la cui esistenza e le cui tradizioni sono minacciate dai cambiamenti climatici e dalle aggressive politiche estrattive di Stati Uniti e Canada.
“Lo sciamano di ghiaccio”, coproduzione fra il Festival Transart, Ravenna Festival, dove ha debuttato in prima assoluta il 16 giugno scorso e Festival Aperto di Reggio Emilia è un lavoro di teatro multimediale corale, con la drammaturgia di Guido Barbieri, la regia e il dispositivo visivo di Fabio Cherstich, le immagini e i video di Piergiorgio Casotti, le composizioni originali di Massimo Pupillo e la drammaturgia musicale di Oscar Pizzo. In scena, accanto a Pizzo e Pupillo – rispettivamente alla tastiera e al basso elettrico e live electronics – c’è Manuel Zurria ai flauti; il progetto conta inoltre sulla collaborazione con la cantante inuit Karina Moeller.
I racconti hanno la facoltà di rendere possibile l’emergere di una comunità, perché richiedono di restare in ascolto – sottolinea Oscar Pizzo – Lo sciamano di ghiaccio fa parte di un lungo percorso di ‘racconti’ che, insieme a Guido Barbieri, ho compiuto verso luoghi, persone e storie che caratterizzano il mondo di oggi, spesso dimenticate o poco conosciute. L’Uganda dei bambini soldato, il Pakistan dell’emigrazione clandestina, la Palestina, quanto mai attuale, gli Stati Uniti paese delle contraddizioni, l’Amazzonia dimenticata degli Indios… La definizione di questi lavori è docu-drama: si tratta di raccontare storie attraverso la musica contemporanea e un lavoro in presenza, per entrare in diretto contatto con le persone che di quei luoghi hanno fatto la storia. Sono mondi affascinanti e unici, ma anche difficili, con problemi a volte insormontabili, ma che sempre sprigionano nuove domande e offrono risposte spesso distanti dalla nostra società.”
Circa un secolo fa – era il 1922 – il documentario muto Nanuk l’eschimese di Robert Flaherty, primo film etnografico della storia, rivelò al mondo l’esistenza degli Inuit. Oggi Lo sciamano di ghiaccio è un viaggio alla ricerca del Nanuk del XXI secolo, conteso fra tradizione e modernità, a rischio di essere sopraffatto dalle contraddizioni e dai conflitti della nostra epoca. Abitanti di un territorio sfruttato dalle grandi nazioni per le sue risorse e costretti a ridurre le tradizionali pratiche di caccia, gli Inuit registrano un’altissima percentuale di casi di alcolismo e di suicidi fra i giovani. “Lo sciamano di ghiaccio è il racconto senza parole, fatto solo di voci, di suoni e immagini della metamorfosi rapida, impetuosa, a volte crudele che la Groenlandia e il popolo inuit hanno subito negli ultimi cinquant’anni,” spiega Guido Barbieri, che insieme al resto della “squadra” di autori dello spettacolo ha raggiunto l’unico insediamento umano dell’isola di Kulusuk, sulla costa sudorientale della Groenlandia, e più tardi la piccola città di Tasiilaq, dove Robert Peroni, alpinista bolzanino che quarant’anni fa ha deciso di vivere qui, ha costruito la sua Casa Rossa.
Il nostro lavoro si basa su binomi contraddittori – racconta invece Fabio Cherstich – la Groenlandia è una terra di opposti e contrasti: dalla luce al buio, dal bianco e nero al colore, dal passato al presente, dall’esterno all’interno, dal piccolo al grande. Prendendo spunto da queste dualità, ho iniziato a costruire una narrazione visiva attraverso l’alternanza di video girati insieme a Pier Giorgio Casotti, un vero esperto delle terre della Groenlandia e compagno di viaggio imprescindibile e ispirato. (…) La musica di Massimo Pupillo, le immagini video e la voce di Karina Moeller guideranno il pubblico in un’indagine visiva che mira non a fornire risposte, ma a condividere con il pubblico, attraverso la forza delle immagini, la potenza della natura e della tradizione di questa terra che sta attraversando una trasformazione sconvolgente, alla quale ci troviamo ad assistere impotenti da lontano.

Immagine. Lo sciamano di ghiaccio@Foto Ravenna