“Valle del rene”, troppi occhi chiusi di fronte al drammatico problema del traffico di organi umani

In Nepal esiste un villaggio che si trova ai piedi dell’Himalaya chiamato Hokse, diventato tristemente noto come “Valle del rene”. Infatti, almeno una persona in ogni famiglia di questo villaggio ha deciso di espiantare il proprio rene e venderlo per far fronte​​ alla disperazione dovuta alla povertà, cercando così di alleviare la drammatica situazione economica familiare.
Secondo uno studio pubblicato dalla Commissione per i diritti umani del Nepal, più di 300 abitanti del villaggio di Hokse hanno già venduto i loro reni per soli 200 dollari USA. La maggior parte di costoro era stata ingannata dai trafficanti di organi che avevano promesso loro un futuro migliore grazie a importanti ricompense finanziarie.
Per adescare gli abitanti dei villaggi nepalesi come Hokse, molto poveri e con un tasso di alfabetizzazione modesto, i trafficanti hanno ideato un sistema collaudato e ben organizzato per reperire reni da vendere nel mercato illegale internazionale degli organi. In alcuni casi le vittime vengono rapite e costrette a vendere i loro organi oppure vengono ingannate nel credere di aver bisogno di un intervento chirurgico utile per la loro salute. In realtà l’unico scopo è la rimozione dell’organo senza che loro lo sappiano; raramente succede che al risveglio dopo l’intervento chirurgico si rendano conto dell’accaduto.
Dinamiche orribili e malvagie secondo le quali l’uomo viene considerato un mero contenitore dove poter attingere l’organo per poi venderlo in chissà quale parte del mondo.
L’organizzazione non governativa statunitense Global Financial Integrity in un suo studio ha stimato che il valore annuale del traffico di organi a livello globale varia tra gli 840 milioni e i 2 miliardi di dollari. Ogni anno si verificano circa dodicimila trapianti illegali, oltre ottomila sono renali, seguiti da fegato, cuore e polmone.
Le organizzazioni criminali non si lasciano sfuggire l’ingente malaffare, infatti le mafie nigeriane, cinesi, albanesi, russe, indiane, pakistane a livello internazionale riescono a dirigere tutta la filiera dall’espianto del “donatore” fino al trapianto del ricevente avvalendosi di personale medico corrotto e di strutture sanitarie dove poter eseguire gli interventi.
La scarsa adesione politica alla Convenzione del Consiglio d’Europa contro il traffico di organi umani che si è tenuta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015 potrebbe essere il riflesso di un dubbio amletico timidamente palesato dai Governi che sono ancora troppo passivi di fronte al commercio di organi.
Oltre ogni facile moralismo, ognuno di noi potrebbe trovarsi di fronte all’ardua scelta di compromettersi con la contrattazione dell’acquisto di un organo per salvare la nostra vita o quella di un nostro caro. Sarebbe quanto mai necessario un dibattito approfondito.
Nonostante questa riflessione, non si può rimanere immobili di fronte ai veri e propri speculatori e trafficanti di organi che, facendo leva sulle differenze sociali dovute alla povertà economica e intellettuale alimentano atrocità contro l’uomo, come l’esempio del villaggio in Nepal, in nome di un profitto derivante dal traffico di organi umani senza alcuna etica umana.