Le Aree Mask Free potrebbero partire da Bolzano

Una proposta, una riflessione, forse una provocazione. Un cerchio del raggio di due metri dentro il quale si può stare da soli o in compagnia di congiunti senza l’ausilio della mascherina. “Giusto per respirare senza sentirsi untori, giusto per fermarsi a bere qualcosa o giusto per fare una pausa pranzo all’esterno, considerando che il divieto di consumo all’aperto, per certe attività, equivale a consumare in ufficio, in negozio o in generale al chiuso.”  L’idea è stata lanciata sui social dal poliedrico Roberto Tubaro, bolzanino 36 anni, architetto, musicista, artista, riscontrando interesse ma soprattutto aprendo un vero e proprio dibattito in città.
Come afferma Tubaro “una cosa fatta al volo” raffigurante dei cerchi arancioni photoshoppati sulle strade della città. Un’elaborazione creativa come tante fatte negli anni da Roberto. Un’idea semplice e nata per caso ma estremamente profonda in un periodo di disagio generalizzato come quello che stiamo vivendo.
Lo abbiamo raggiunto al telefono per farci spiegare meglio l’idea e il suo pensiero.

Da dove parte esattamente l’originale idea?
Far rispettare le ordinanze ha portato a delle situazioni paradossali. Come il non poter mangiare un panino in solitudine seduti su una panchina o bersi un caffè a distanza in mezzo ad una piazza. Addirittura ufficialmente non sarebbe permesso neanche bere da una bottiglia d’acqua mentre si fa sport, seguendo alla lettera le regole. Dopo aver visto fare l’ennesima multa a situazioni di questo tipo mi sono chiesto se fosse possibile proporre qualche soluzione o se, perlomeno, ci fosse qualche modo per stimolare una discussione sulla problematica. Ho così pensato a delle “aree” in cui potersi sentire liberi senza tutte le restrizioni. 

Si aspettava tutto questo clamore?
In realtà la proposta era provocatoria su diversi fronti ma, come dimostrano una parte dei commenti al post, l’utente medio di facebook non è in grado di coglierla e sputa sulla tastiera, senza riuscire magari a discutere o a dibattere. Poteva essere una boutade, una proposta interessante, un’offesa alla libertà o una soluzione in tempi di restrizioni, ma con commenti come questi il dialogo finisce qui e ci si rinchiude nelle tribù.

Deluso dalla reazione?
In qualche modo me l’aspettavo. Capisco che tutti sono ormai stufi, stanchi, non si fidano più di niente e di nessuno. Anche io lo sono. Molti stanno lentamente perdendo tutto quello su cui avevano investito. Non aiuta l’umore vedere situazioni illogiche all’esterno. Ma non credo che la soluzione sia quella di fregarsene di tutto, come han fatto in molti da inizio pandemia, abbracciandosi, stringendosi la mano senza problemi, ospitando amici a casa per fare feste o fermandosi a consumare davanti ai locali nonostante gli si chiedesse di andare altrove, sottovalutando la situazione. Per fortuna una buona parte di contatti ha capito l’obiettivo e ha portato le discussioni su un piano più costruttivo. 

Con il suo voler essere propositivo ha provato ad indicare una strada?
In questo periodo di difficoltà, per moltissimi economica e per tutti psicologica, ho pensato che essere propositivo potesse fornire degli spunti per cercare di riprendersi un po’ di libertà. Ma, anche cercando di non dare troppa importanza a chi è capace solo di criticare, risulta difficile essere propositivi in una società di questo tipo. Facile proporre soluzioni del tipo “aprite tutto”, “ribellatevi e uscite”, “basta mascherine” e poi lamentarsi di tutto e di tutti. Detto questo, sono convinto che se si fossero responsabilizzate maggiormente le singole persone nessuno avrebbe proposto un “area mask free”: semplicemente ognuno si sarebbe autoregolato e sarebbe stato possibile fermarsi in mezzo ad una piazza e tirarsi giù la mascherina senza sentirsi un untore. Evidentemente ci meritiamo regole di questo tipo.