Lentamente in Alto Adige riparte lo sport, la ferita però resta

“Non troverete mai ragazzini atleti per le strade o nei bar di pomeriggio. Non li vedrete mai stravaccati su una panchina, fumando con altri 6/7, uno addosso all’altro” questo è solo uno dei tanti appelli lanciati quotidianamente in diverse forme e canali, dalle innumerevoli associazioni sportive nazionali e locali.
Come risaputo, l’Alto Adige è una delle terre più ricche per impiantistica sportiva, ma in periferia, così come in città, in questi mesi gli impianti sono stati praticamente deserti. Decreti alla mano, lo sport era consentito solo agli atleti professionisti o a quelli che svolgevano campionati nazionali. “C’è il rischio di perdere un patrimonio educativo e formativo demotivando i futuri talenti dello sport” afferma al telefono Sonia, titolare di una scuola di danza bolzanina. “Il timore è che i giovani sportivi si impigriscano e non tornino più in palestra” aggiunge con tono deluso Marco, uno dei tanti allenatori volontari di pallavolo impegnato in uno dei più numerosi settori giovanili provinciali. “Siamo seriamente preoccupati per i nostri ragazzi” chiosa Riccardo, dirigente della stessa società sportiva. In effetti, non deve essere stato affatto semplice provare a tenere viva anche a distanza la motivazione dei più giovani. I più raccontano di incontri periodici via Skype o videolezioni con esercizi inviati via whatsapp. Ma la difficoltà maggiore sembra essere stata proprio quella di doversi giustificare e spiegare ai più giovani il perché l’amico in classe poteva allenarsi come prima, solo perché iscritto a un campionato di interesse nazionale, mentre i loro atleti invece no.
Finalmente da qualche giorno in Alto Adige si intravede un po’ di luce. L’ultima ordinanza provinciale, infatti, chiesta a Kompatscher da tutto il mondo sportivo locale, vede dopo lunghi mesi un primo spiraglio anche per certe attività all’aperto fino a ieri off-limits. Alcune categorie “semplici” sono dunque potute tornare ad allenarsi, pur dovendo rispettare rigidi protocolli.
Tra i primi ad organizzare il ritorno in campo, i giovanissimi calciatori Under 13 della Virtus Don Bosco, una comunità sportiva importante tra le più numerose della città di Bolzano. Li osserviamo all’impianto sportivo di via Druso, utilizzato per gli allenamenti e le partite calcistiche dei più giovani. L’entusiasmo di questi ragazzi è alle stelle. “Non mi sembra vero di essere di nuovo in campo con i mie compagni” esclama emozionato Alessandro, 11 anni, attaccante. L’ entusiasmo si respira nell’aria e si vive negli occhi dei giovani calciatori. Non vola una mosca, in rigoroso silenzio ascoltano le indicazioni dell’allenatore. Con l’arrivo della bella stagione, anche altre società che di solito si allenano in palestra, potranno organizzarsi per riprendere all’aperto la loro attività, rispettando chiaramente tutti i dovuti distanziamenti e protocolli.
Finalmente si guarda avanti, ma lo strappo e la polemica restano. L’ accusa è di aver rinchiuso per troppo tempo i giovani, quelli disciplinati, quelli che escono da scuola con la borsa a tracolla per correre in palestra, che conoscono la disciplina e il sacrificio e  che spesso negli spogliatoi si portano i libri per studiare. La ferita dunque per il momento resta profonda, il tempo perso non verrà restituito, ma un ritorno alla normalità e la speranza che gli abbandoni siano marginali, aiuteranno.