“Il Green Pass è uno strumento di discriminazione tra chi ce l’ha e chi non ce l’ha”. A lanciare l’allarme sulla deriva della democrazia e sulla necessità di tenuta del Paese è l’importante giurista Paolo Sceusa. Il suo curriculum parla da solo: ex magistrato, presidente emerito di sezione della Cassazione, direttore e docente presso la Scuola Superiore di Diritto e Protezione dei Minori, già Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste e di Trento, già avvocato e consigliere giuridico presso la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, esperto formatore ECM al Ministero della Salute, esperto formatore di diritto cinologico, esperto formatore giuridico forense, esperto in diritto minorile e di famiglia, nonché collaboratore di riviste giuridiche. In un videomessaggio diffuso in rete nei giorni scorsi, l’illustre giurista ha rivolto un appello a tutti i libertari, affinché maturino la consapevolezza della gravità della situazione.
Professore, perché, a Suo parere, è venuto meno il patto di lealtà tra il Potere e il cittadino?
“Perché esso si fonda sulla perfetta corrispondenza delle leggi approvate, rispetto al testo che viene pubblicato nelle fonti ufficiali”.
Qualcuno ha paragonato il Green Pass all’apartheid o alle leggi razziali. Qual è il Suo parere? Viviamo ancora in uno Stato di diritto?
“Il Green Pass è uno strumento di discriminazione tra chi ce l’ha e chi non ce l’ha. Le asserite ragioni di tutela della salute privata e pubblica, tuttavia, non possono giungere a limitare i diritti fondamentali delle persone che non vogliono vaccinarsi, laddove la vaccinazione non sia obbligatoria”.
Senza il Green Pass risulta precluso persino il diritto allo studio, oltre a quello del lavoro. Ignoranza e povertà fanno comodo a chi governa? Chi farà fronte, però, alla mancanza di competenze conseguente alle sospensioni di personale specializzato e all’isolamento di studenti e dissidenti in generale?
“Il detto latino “divide et impera” insegna che, da sempre, al potere fa comodo dividere i suoi governati, per potersi perpetuare. Questo metodo, tipicamente autoritario, in qualche caso viene applicato anche dai sistemi democratici. Se, in più, un sistema divisivo riesce a depotenziare anche lo spirito critico dei cittadini, sottraendo loro i mezzi di discernimento che derivano dalla conoscenza, allora l’effetto di compressione del dissenso sarà ancor maggiore”.
La piccola e media impresa sono in ginocchio, mentre Gdo e multinazionali non si sono mai fermate: a quanto pare la pandemia ha colpito solo i più deboli. È forse in atto una trasformazione della società, che non contempla più l’esistenza del ceto medio?
“La società non ha mai cessato di trasformarsi. Ed è un bene finché la trasformazione procede in senso evolutivo. È un male quando invece procede in senso involutivo. Le divisioni, le limitazioni dei diritti fondamentali senza proporzionalità e temporaneità rispetto anche a una situazione di emergenza, sono trasformazioni involutive. Non so se vi sia un piano organizzato per l’eliminazione del ceto medio. Tuttavia, nel mondo della globalizzazione e dell’accentramento delle ricchezze in pochissime mani, non mi sento affatto di escluderlo. Anzi, giudicando dagli indizi, propenderei più per il sì che per il no. La progressiva contrazione del ceto medio, del resto, è sotto gli occhi di tutti”.
Parliamo di una grande assente: la politica. Il parlamento è stato esautorato?
“Assente è chi l’assente fa”, direi, parafrasando Forrest Gump. Mi pare però che l’attuale contingenza mostri un evidente interesse a evitare di ostacolare gli interventi normativi del governo, quali che essi siano, da parte di un parlamento sotto scacco: o così o cade il governo; se cade andate tutti a casa e si vota; se si vota i seggi a disposizione nel prossimo parlamento si riducono di più di 1/3. Ergo, meglio non tirare la corda e continuare a campare fino a fine legislatura (marzo 2023)”.
Il mainstream si occupa esclusivamente di diffondere il bollettino quotidiano, nemmeno troppo attendibile, sui contagi e di sostenere a spada tratta la campagna vaccinale, senza contraddittorio e schiacciando completamente le cure somministrate dai medici dei gruppi di terapia domiciliare. Quali sono, a Suo parere, le responsabilità della stampa?
“La stampa o, meglio, l’informazione, non è tutta uguale. Esiste quella allineata agli interessi di chi la paga e quella che cerca di mantenersi indipendente, senza finanziatori da compiacere. Quest’ultima è sempre più debole e di nicchia. Personalmente cerco di fruire di entrambe, così da poter avere maggiori possibilità di ricavare dati utili a formarmi la mia opinione, in ordine a questioni che esulano il diritto. Sulle notizie che riguardano il diritto ho chiavi di acquisizione e di comprensione che superano mediamente di gran lunga quelle dei giornalisti e, dunque, non ho molto bisogno della stampa. Tuttavia in questo mio campo mi accorgo dell’incredibile quantità di balle (bufale) che l’informazione blasonata (tv e giornali nazionali) riescono a spacciare per verità. Questo mi fa tremare, perché penso: “Chissà quante balle mi propinano sulle materie che non sono le mie e che non ho i mezzi per smascherare!”. La mia difesa allora passa attraverso il metodo che ho detto: confronto le fonti. Devo dire che di solito ricavo maggior attinenza ai fatti e minor quantità di “opinioni” preconfezionate spacciate per notizie, dalle fonti di nicchia, quando indipendenti da sovvenzionatori preponderanti”.
Secondo la stampa, pure il Papa (in prima linea per promuovere il vaccino) ha il suo Green Pass, che tuttavia non è necessario per partecipare alle funzioni religiose. In compenso le parrocchie sono rimaste chiuse a lungo, durante il primo lockdown, cosa mai avvenuta nella Storia. Come interpreta il comportamento della Chiesa?
“Veramente mi preoccupa di più come la Chiesa possa interpretare le mie posizioni, piuttosto che io le sue. In generale, almeno in Italia, Chiesa e Stato sono andate sempre di conserva, quantomeno relativamente ai loro vertici istituzionali. Storicamente si è già visto come quei vertici abbiano saputo condividere scelte successivamente e giustamente giudicate nefaste. Dal mio punto di vista, questa è una di quelle volte. Ben altra è la Chiesa intesa quale comunità dei fedeli che, credo, non sempre e per sempre debba per forza attenersi all’immagine evangelica del gregge”.
La medicina ormai si fa in tv e non è ammesso il contraddittorio, mentre per convincere i giovani a vaccinarsi si offrono gelati e si organizzano serate con musica dal vivo. Chi non si vaccina o non può permettersi tamponi a pagamento è escluso dalla vita sociale. Fino a pochi mesi fa sembrava che, per contrastare il virus, fosse sufficiente igienizzare le mani, indossare la mascherina e mantenere il distanziamento. Ora, invece, nonostante oltre il 65% della popolazione italiana sia completamente vaccinato, c’è chi propone di estendere il Green Pass anche ai supermercati. È veramente contro la pandemia che stiamo combattendo?
“A me interessano gli aspetti di diritto. Alcune tematiche che lei evoca con questa domanda dovrebbe rivolgerle ai medici, ai virologi, agli infettivologi. Ha l’imbarazzo della scelta. Purché sia una scelta che includa anche le voci dissenzienti da quelle delle nostre star delle provette, appunto in onor del contraddittorio. Convengo che i mezzi e i mezzucci confezionati per via televisiva e normativa per indurre tutti a vaccinarsi a prescindere, siano a volte meschini e rivoltanti (come quelli che fanno leva sulla voglia di vivere dei ragazzi) o censitari e dunque inammissibili, che strozzinano coloro che pur di non vaccinarsi, preferirebbero sottoporsi a tamponi frequenti, ma sempre a pagamento (e non costano poco). Quanto all’idea di pretendere il Green Pass anche per fare la spesa alimentare, è qualcosa che si può immaginare solo accettando una dittatura della maggioranza dei vaccinati, contro la minoranza dei non vaccinati. Si potrà attuare solo se quella minoranza diventerà sufficientemente sparuta. Ma è uno scenario che preferisco non immaginare nemmeno. Se non altro per scaramanzia”.
Il ricatto del vaccino nei confronti dei giovani (che, salvo casi più unici che rari, non si ammalano gravemente di Covid): senza puntura o senza tampone (tra l’altro invasivo) a pagamento non possono praticare nemmeno l’attività sportiva. Strano modo di tutelare il diritto alla salute, non trova?
“Beh, certo, lei evidenzia giustamente un’altra contraddizione, che pochi colgono: la salute si protegge anche e soprattutto con l’attività sportiva, per quanto ne so. Per quella all’aperto, salvo le follie iniziali del divieto di uscire di casa, anche per correre da soli, sul lungomare o in campagna, si pone la questione dello sport al chiuso (piscine, palestre). Personalmente penso che lo sport che vi si pratica sia altrettanto salutare di quello all’aperto, anzi è solitamente più protetto per le ipotesi di infortuni. Vorrei non fosse sottoposto ad altri vincoli che quelli di un certo contingentamento delle compresenze, delle distanze e della necessaria areazione. Ma io non faccio parte del Cts e non so di quali dati scientifici disponga per pensarla diversamente”.
Conclude il Suo videomessaggio con una citazione in latino: “Ne cives ad arma ruant” (“affinché i cittadini non ricorrano alle armi”). Ritiene che la tensione sociale possa sfociare nella violenza?
“Ritengo di sì, se la china continuerà a venir discesa e se la corda continuerà a venir tirata, al di fuori o contro le basilari regole della logica, del diritto e della stessa sopravvivenza delle minoranze”.
Foto, Paolo Sceusa