“Mio-pericarditi anche fatali”: la proposta della Commissione Medico-Scientifica indipendente a Governo e Regioni

In concomitanza con la somministrazione del richiamo anti-Covid (si tratta della sesta dose complessiva in due anni e mezzo circa), il 14 settembre scorso AIFA e Commissione Europea hanno dichiarato nell’Allegato 1 alle decisioni di autorizzazione i vaccini Pfizer e Moderna un ‘aumento del rischio di sviluppare miocardite e pericardite. Alcuni casi hanno richiesto terapia intensiva e si sono osservati casi fatali’. La notizia, benché ufficiale, è passata quasi sotto silenzio, tanto da essere stata ignorata dal mainstream. I fact-checker si sono affrettati a precisare, semmai, che le mio-pericarditi post-vaccino non solo sarebbero molto rare, ma addirittura più frequenti nei soggetti che contraggono l’infezione. In pratica, stando alla narrativa dominante, il problema sarebbe irrilevante, inoltre non avrebbe alcun nesso con gli episodi di ‘morte improvvisa’ segnalati ripetutamente dalla cronaca e, in ogni caso, riguarderebbe prevalentemente i malati Covid. Abbiamo provato a fare chiarezza con i ricercatori della Commissione Medico-Scientifica Indipendente (CMSi), che ormai da due anni cercano di fare luce sulla gestione pandemica. Nel comunicato del 26 settembre, la Commissione sottolinea che i rischi di mio-pericardite post-iniezione non rappresentano una novità scientifica, in quanto già descritti nel giugno 2021 da JAMA, che cita l’editoriale di Shay e Shimabukuro dei CDC USA: ‘JAMA Cardiology descrive casi di miocardite acuta verificatisi tra persone che hanno ricevuto vaccini Pfizer-BioNTech o Moderna basati su mRNA autorizzati USA. Valutazioni cliniche di questi pazienti non hanno rilevato eziologie alternative per miocarditi. In base ai dati oggi disponibili, la miocardite conseguente a immunizzazione con gli attuali vaccini a mRNA è rara’. Sul fatto che le patologie in questione colpiscano soprattutto i malati Covid piuttosto che i vaccinati, la CMSi sostiene che ciò già è stato smentito da un grande studio israeliano. La pubblicazione di aprile 2022, ma riferita a un periodo in cui ancora non si vaccinava, rivela che: ‘Su quasi 200.000 Israeliani adulti positivi al SARS-CoV-2 che avevano superato una COVID-19 e 600.000 adulti negativi di controllo, lo studio ha mostrato nel 2020 incidenze di miocarditi e pericarditi niente affatto maggiori nei soggetti con COVID rispetto a quelli senza’. La Commissione precisa, inoltre, che l’EMA non ha ammesso un decorso della malattia più favorevole nei vaccinati rispetto a quella che ha colpito i malati Covid (si legga l’aggiornamento del 3 dicembre 2021) e che, comunque, ‘una miocardite clinicamente diagnosticata, anche borderline, non è mai una condizione lieve’. Altra questione dibattuta: per la narrativa corrente, le mio-pericarditi sarebbero ‘rare’ (tra 1/1000 e 1/10.000), se non ‘molto rare’ (tra 1/10.000 e 1/100.000): ‘Ciò è solo frutto di modalità passive di sorveglianza (basata su segnalazioni spontanee, o da consultazione di database ospedalieri), adottate dall’AIFA e in quasi tutto il mondo, che sottostimano in modo drammatico queste patologie, che vanno diagnosticate in base ai criteri diagnostici resi pubblici dai CDC USA (Supplemental material)’. A smentire fact-checker e televirologi hanno provveduto due importanti studi di sorveglianza attiva, i quali hanno mostrato un’incidenza di mio-pericarditi e miocarditi subcliniche nel 2,3-2,8% di adolescenti e sanitari adulti, dopo la seconda o terza dose di vaccini a mRNA. Il primo studio -tailandese, pubblicato nell’estate 2022- ha coinvolto 301 adolescenti, i quali sono stati sottoposti ad alcuni semplici esami prima e subito dopo la seconda dose. Le analisi dopo la dose hanno rivelato alterazioni che prima non erano presenti. Più esattamente: ‘29% di effetti cardiovascolari, alcuni severi, e ben un 2,33% di miocarditi o pericarditi confermate o probabili’. Il secondo studio ha invece riguardato 777 sanitari dell’ospedale di Basilea: il 2,8% di essi è stato colpito da miocardite dopo la terza dose di Moderna. Si tratta di soggetti aventi un’età media di 42 anni (le donne sono risultate più colpite). L’allarme della CMSi è dovuto al fatto che i due studi indicano ‘valori circa 1000 volte maggiori di quelli rilevati dalla sorveglianza passiva, che si limita a registrare parte dei casi con sintomi evidenti e diagnosi clinica’. La Commissione ha ragione di ritenere che il problema sia ampiamente sottostimato e che ‘questo sospetto dovrebbe bastare per attuare una verifica con urgenza’. A tal proposito i ricercatori propongono a Governo e Regioni una verifica, attraverso una modalità semplice ed economica (basterebbe qualche migliaio di persone che accettassero gli esami), ‘per escludere o confermare/quantificare questo possibile rischio. I primi destinatari della verifica potrebbero essere soggetti in buona salute e di età inferiore ai 50 anni, per i quali un’indicazione alla vaccinazione/rivaccinazione COVID non sarebbe proprio da porre secondo questa Commissione’. Nel 2020, infatti, la mortalità dei soggetti Under 50 era stata inferiore a quella media del quinquennio precedente. Precisa la CMSi: ‘L’obiettivo di vaccinare per proteggere gli ‘altri’ pare in larga misura abbandonato anche dalla circolare ministeriale sulla campagna autunnale e invernale di vaccinazione anti-COVID-19 (anzi, le prove scientifiche più recenti, illustrate anche con la seconda lettera aperta all’OMS e nel Comunicato CMSi n. 9, mostrano ormai una suscettibilità a infettarsi nel tempo maggiore nei vaccinati, in proporzione alle dosi ricevute). I controlli nei confronti di Under 50 che volessero comunque vaccinarsi dovrebbero seguire -a detta della CMSi- i criteri adottati dallo studio tailandese (elettrocardiogramma, ecocardiogramma e troponina cardiaca HS prima e pochi giorni dopo la dose). L’appello a Governo e Regioni è stato quindi lanciato: ‘Confidiamo che il Governo e le Amministrazioni regionali accolgano questa richiesta nell’interesse della salute degli Italiani, a partire da quella dei nostri giovani, e sollecitiamo l’apertura di una discussione aperta sul tema. Rivolgiamo un appello in tal senso anche al Ministro della Salute, prof. Schillaci, al nuovo Commissario Straordinario ISS, prof. Bellantone, e al nuovo Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, prof. Vaia’.