Questo l’omaggio pittorico di Alda Picone nella mostra per ricordare il grande cineasta a vent’anni dalla sua scomparsa
“Un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo”. Così Federico Fellini, con la modestia dei grandi, disse di se stesso, grazie però a come sapeva dire ciò che espresse nel suo cinema!
Considerato universalmente uno dei massimi cineasti della storia del cinema, fu vincitore di ben quattro Oscar al miglior film e di un quinto alla carriera (1993), due volte del Festival di Mosca (1963 e 1967), della Palma d’oro al Festival di Cannes (1960), del Leon d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia, oltre ad essere insignito di altri innumerevoli riconoscimenti.
A vent’anni dalla sua morte – era nato nel 1920 e scomparve nel 1993 – gli Amici dell’Arte di Bolzano gli dedicano in questi giorni un omaggio pittorico con una mostra allestita alla Galleria Civica in Piazza Domenicani con una cinquantina di opere eseguite con tecnica a olio, acrilico mista. Tutte ispirate ai suoi film, dai Vitelloni, a La dolce vita, ad Amarcord, Le notti di Cabiria, Giulietta degli spiriti, E la nava va, solo per citarne alcuni, la rassegna ricostruisce il percorso del cineasta geniale, del quale ricordiamo certo la sua superba bravura artigianale, come lui amava dire di sé, ma soprattutto la sua insuperata poetica cinematografica.
Voglio dedicare una nota particolare di questa manifestazione pittorica bolzanina a I clowns, (opera del 1970), i protagonisti del mondo circense tanto amati da Federico. Alda Picone ha inteso ricordare il cineasta con un acrilico su tela in cui si coglie la complessità di questo personaggio del teatro europeo dal Cinque-seicento in avanti. Il pagliaccio del circo equestre dell’Ottocento datava le sue origini al fool seicentesco, il celebre personaggio comico del teatro elisabettiano, per giungere ai nostri giorni con immutata freschezza attraverso il grotesque francese, il clown musicale e infine il clown varietà.
Mimica, gioia, tenerezza, ingenuità, accessi di felicità ma anche precipizi di delusione si alternano con rapidità sul volto del clown risultando figura familiare e amata dallo spettatore di ogni età. La genialità felliniana che Alda Picone ha inteso ricordare nella sua opera riesce a fondere in una poetica unitaria e travolgente questi innumerevoli moti dell’animo umano.